La visione cosmologica della Sophia-art

del Prof. Antonio Mercurio, con introduzione e commento

Conferenza presentata al 1° Simposio Nazionale di Antropologia Personalistica e Sophia-art, Frascati (RM), 8 dicembre 1988. Successivamente, in lingua francese e in lingua italiana, in videoproiezione, al II° Congresso Internazionale della S.U.R. a Parigi, nel luglio del 1989. Videoregistrazione a cura di Roberto Culcasi e trascrizione a cura di Silvio de Sanctis.

Prima di iniziare a leggere il mio testo vorrei fare una breve introduzione. Ho molto ammirato gli interventi che avete fatto ieri sera e stamattina sia nel piccolo gruppo che nel grande gruppo. Permettetemi, avendo espresso la mia ammirazione per tutti gli interventi fatti, di mettere adesso in risalto l’intervento di Giorgio. Egli ha detto ieri sera che, da quando è stato inventato il cavallo, l’umanità è divisa in due categorie: quelli che salgono sulla sella del cavallo e diventano cavalieri e quelli che restano garzoni di stalla. Per passare da garzoni di stalla a cavalieri ci vuole del coraggio e Giorgio ha messo in risalto che io vi chiedevo un coraggio con la ‘C’ maiuscola. Bene. Se volete seguirmi nella lettura della conferenza che farò adesso, devo chiedervi un coraggio ancora maggiore; devo chiedervi un coraggio con tutte lettere maiuscole, non solo con la ‘C’, ma tutte quante e per farvi capire meglio qual è il coraggio che io vi chiedo permettetemi che io mi serva di un esempio storico.

Tra qualche anno, nel 1992, il mondo intero festeggerà Cristoforo Colombo e la sua scoperta dell’America; ma voi sapete benissimo che l’intenzione di Cristoforo Colombo non era quella di scoprire l’America. Nella sua mente c’era la profonda convinzione che la terra fosse rotonda, non piatta come tutti credevano, all’infuori di qualche scienziato, e fermamente convinto del fatto che la terra fosse rotonda e non piatta aveva concepito un progetto arduo e ambiziosissimo: arrivare alle Indie per via di mare e non per via di terra. Colombo presentò il suo progetto prima al re del Portogallo, poi al re di Spagna e né l’uno né l’altro gli hanno dato ascolto; ma non vi meravigliate perchè a quel tempo tutti erano convinti che la terra fosse piatta e pensare che la terra fosse rotonda era considerata una follia. Chi gli ha dato ascolto, dopo ben dieci anni dalla presentazione del progetto, è stata la regina Isabella. E così, con il suo aiuto, Cristoforo Colombo ha potuto allestire tre caravelle e partire da Porto per andare verso la realizzazione del suo sogno. E’ stato difficile, difficilissimo, durante il percorso, mantenere la fiducia degli equipaggi delle tre caravelle, per poter arrivare fino in fondo alla meta. E quando hanno avvistato la terra, Cristoforo Colombo non ha trovato le Indie ma un nuovo continente. Io ritengo che da quel giorno non è cominciata soltanto l’esplorazione di un nuovo continente, l’America, ma da quel giorno è cominciata, e l’inizio già l’aveva dato un altro italiano, Marco Polo, è cominciata l’unificazione dell’occidente con l’oriente, in una maniera ampia, vasta, globale.

Ritengo che l’impresa di Cristoforo Colombo, tra le tante finalità, aveva anche questa che ogni giorno si va concretizzando sempre di più: come unificare tutta la terra in un solo organismo. Ho nominato Marco Polo, che aveva creato la prima connessione tra l’occidente e l’oriente; ho nominato Cristoforo Colombo, vorrei nominare anche Marconi perché, se oggi noi possiamo comunicare da un punto della terra all’altra, questo lo dobbiamo pure ad un altro italiano, a Guglielmo Marconi. Voi sapete come tutte le possibilità di comunicare, via radio, via televisione, via telefono e così via, anche queste sono dovute ad un genio italiano, e penso che se riuscite ad entrare nell’idea dello sforzo gigantesco che l’organismo terra sta facendo attraverso noi esseri umani, per unificarsi come organismo, se vi è chiaro questo progetto dell’organismo terra, quello che io oggi intendo presentarvi contiene un progetto ancora più grande.

Voglio proporvi l’unificazione tra l’uomo e l’universo, voglio proporvi l’unificazione dell’universo intero. Mi rendo conto che sto dicendo delle cose molto ardue da accettare. Dovete avere molta pazienza nel seguirmi passaggio dopo passaggio. La lettura del mio testo durerà più di un’ora, se avete bisogno, a un dato momento, di fare una pausa, fatemi un segnale.

Ritorno sull’idea del coraggio, in modo che sia chiaro quale coraggio io vi stia chiedendo. Vi chiedo di partire con le nostre tre caravelle, l’IPA, lo IAPE e il CERVOA, verso la scoperta di un continente nuovo, da una parte, ma, dall’altra, verso il progetto di unificazione dell’uomo con l’universo e dell’universo intero in tutte le sue parti perchè formi una totalità. Vi rendete conto di quale coraggio ci voglia per un’impresa del genere? Io ho il coraggio di chiedervi questo coraggio.

Le cosmologie che noi finora conosciamo sono di quattro tipi: di tipo mitologico, di tipo religioso, di tipo filosofico e di tipo scientifico. Generalmente queste cosmologie si sono formate indipendentemente l´una dall´altra. La Sophia-art si chiede se sia possibile crearne una nuova dove sia possibile utilizzare e fondere insieme elementi che provengono da religione, filosofia, scienza e arte. Prendiamo come assunto di base questa affermazione: “così come l´ontogenesi ripete la filogenesi, così il microcosmo ripete il macrocosmo, per cui partendo dalla conoscenza del microcosmo è possibile giungere alla conoscenza del macrocosmo”. Per macrocosmo qui intendiamo l´universo. Per microcosmo qui intendiamo l´essere umano, perchè ci pare di poter dire con sufficiente certezza che l´essere umano rappresenti il microcosmo più completo rispetto a tutti gli altri microcosmi che esistono in natura. Inoltre, di questo microcosmo abbiamo una conoscenza di gran lunga maggiore che di qualunque altro microcosmo. Infatti, mentre possediamo una conoscenza interiore dell´essere umano, nessuno mai potrà darci una conoscenza interiore di altri organismi viventi. Seguire questo criterio significa costruire una cosmologia antropomorfica? E´ evidente che questo rischio esiste e va controllato costantemente. La migliore soluzione contro questo rischio ci sembra quella di basare la nostra ricerca, come abbiamo detto, sulla capacità di unificare l´essenza dell´apporto in materia dovuto a religione, filosofia, scienza e arte, dove l´una corregge l´altra oltre che integrare l´altra. Per esempio, è chiaro che una visione cosmologica che non tenesse conto dei dati della fisica e dell´astrofisica non avrebbe alcun valore, ma ne avrebbe poco se si attenesse solo a queste scienze e non utilizzasse anche altri apporti. Qui vogliamo affermare che ogni visione del mondo che parte da un solo dato, quello religioso o quello filosofico o quello scientifico, produce una visione che è fallace, perchè sarebbe insieme vera e insieme falsa, perchè sempre e comunque incompleta e riduttiva e non potrebbe mai da sola, spiegare la complessità dell´universo.

Il punto di vista della Sophia-art ha senso in quanto è possibile:


a) procedere dialetticamente;
Qui vi rimando a quello che ho detto ieri. Il nostro modo di pensare non può essere solo lineare: o è bianco o è nero ma deve essere dialettico e poi neanche soltanto dialettico ma deve essere circolare. Quindi dobbiamo inserire il modo di pensare lineare, il modo di pensare dialettico per tesi, antitesi e sintesi, e poi il modo di pensare circolare, che integra sia il pensiero lineare sia il pensiero dialettico.

b) arrivare a fondere in un solo punto di vista unitario gli apporti degli altri punti di vista o depurandoli della loro falsità e mantenendoli per la loro verità o concentrandoli per sintesi di opposti e giungendo a una concentrazione di verità che non sarà mai di tipo lineare ma complesso;

c) mantenere un punto di riferimento costante con la complessità del fenomeno umano, e dunque, avere una guida fatta di concretezze e non di fantasie inverificabili.

Questo punto “c” stabilisce quello che la Sophia-art definisce come il “principio cosmoantropico”.

Qui facciamo un attimo di pausa perchè è importantissimo capire che cosa intendo io per principio cosmoantropico. La formulazione di questo principio si è creata nella mia mente come sviluppo della mia riflessione sul principio antropico creato da un gruppo di scienziati americani. Chi volesse sapere qualcosa di più sul principio antropico, sappia che, sul Messaggero di giovedì 8.12.88 a pag. 17, c’è un articolo che parla proprio del principio antropico; anche se ne parla in maniera critica, io però ve lo cito comunque. Chi ne volesse sapere di più, può leggere utilmente il libro di S. Hawking “Dal bing-bang ai buchi neri”, editore Rizzoli, e il libro “Dio e la nuova fisica” di Paul Davies, edizione Mondadori.

Il mio principio cosmoantropico è la formulazione di un principio che prende il punto di partenza dal principio antropico e se ne distacca completamente.

Vi leggo la formulazione di questo principio:

Principio cosmoantropico

“A ogni interrogativo che ci poniamo sull´universo e che, per il momento, non trova risposta nella scienza, noi ce ne porremmo uno uguale che riguardi l´uomo e la risposta che giudichiamo valida per l´uomo la giudicheremo valida anche per l´universo”. Nè ci stabiliremo in maniera definitiva e acritica su questa risposta. Le analogie sono preziose ma esse vanno usate euristicamente, come apertura a nuove ipotesi ardite e, dialetticamente, come punto di partenza e non di arrivo.

Il che significa che se io faccio delle affermazioni, sulla base del principio cosmoantropico, queste sono da considerare non come verità definitive ma come punto di partenza e non punto di arrivo. L’uomo contiene in sè tutta la verità del cosmo. A furia di porci le domande giuste troveremo sempre altre risposte che completano questa verità. Quali interrogativi possiamo porci?
Adesso ve ne leggerò alcuni, per esempio: come è nato l’universo?

Come è nato l’universo?

Ecco un interrogativo fondamentale. La scienza non sa dirci come è nato l’universo o meglio, per il momento, ha formulato l’ipotesi della nascita dell’universo attraverso l’esplosione del big bang. La scienza sa dirci sinora quello che è accaduto a partire dal primo secondo dopo l’esplosione del big bang. Gli scienziati stanno lavorando per sapere quello che è accaduto nel primo secondo ma, per bocca di uno dei più grandi scienziati del momento, S. Hawking, la scienza dice: noi non potremo mai sapere quello che è successo prima del primo secondo ed io, invece, fra breve confuterò questa affermazione e vi dirò come e perchè.

Da dove viene l’universo?

Potrei aggiungere un’altro interrogativo: da dove viene l’universo? Se la scienza non sa darmi ancora una risposta, e voglio averne una, che faccio? Se seguo il principio cosmoantropico, mi rivolgo all’essere umano, lo interrogo e dico: da dove viene l’essere umano? Come è nato l’essere umano? Dunque, per tutte le domande che noi ci poniamo sull’universo e alle quali non abbiamo una risposta dalla scienza, noi porremo questa stessa domanda all’essere umano, all’essenza e all’esistenza dell’essere umano. Chiederemo qual è la risposta che ci viene dall’essere umano rispetto a queste domande e, secondo le risposte che avremo, poi dopo faremo il salto dal microcosmo dell’essere umano al macrocosmo dell’universo. Adesso vi darò diverse semplificazioni e diversi sviluppi; questo principio ha possibilità di sviluppo amplissime e ve ne accorgerete col tempo. Continuiamo nella lettura del testo.

Le scoperte della scienza sono frutto o di ipotesi e di ricerca per conferma delle ipotesi o di osservazioni costanti e di teorie costruite su di esse.
Che significa questo? Quando Einstein ha costruito la sua teoria della relatività, prima della relatività ristretta e poi della relatività generale, è partito da una ipotesi. Su questa ipotesi ha lavorato utilizzando lo strumento matematico. Einstein non ha potuto darci una conferma sperimentale della sua ipotesi! Non ci ha potuto dare nessuna conferma. Le conferme ci sono state date successivamente da altri scienziati che hanno accolto l’ipotesi di Einstein e hanno lavorato per verificare se questa ipotesi fosse vera o falsa. E le conferme dopo sono arrivate; non da Einstein, badate bene, ma da altri scienziati. Quindi, si parte con un’ipotesi e poi si va a cercare la conferma sperimentale di questa ipotesi; se la conferma arriva, allora si dice l’ipotesi ha una sua verità o parziale o totale, a volte solo parziale, e la verità della relatività generale è una verità parziale; non è una verità totale. Perchè? Perchè nel frattempo si è sviluppata la meccanica quantistica e la fisica quantistica e non c’è accordo tra la fisica quantistica e la relatività generale ma stanno lavorando per cercarla. Ciò significa che è una verità parziale quella di Einstein, ed è una verità parziale quella di Max Planck che ha dato origine alla fisica quantistica. Bisogna ancora trovare un altro scienziato o un’altra serie di scienziati che siano capaci di fare il completamento di queste due facce parziali della verità. Dunque, le scoperte della scienza sono frutto o di ipotesi o di ricerca per conferma delle ipotesi o di osservazioni costanti e teorie costruite su di esse.

Il primo scienziato in questo senso, che ricordiamo tutti quanti, è Aristotele. Aristotele, ha osservato con una pazienza infinita il mondo della natura; ha osservato, osservato in continuità e con costanza e poi ha cominciato a costruire delle teorie su tutto quello che aveva osservato. Molte di queste teorie di Aristotele sono state preziose, molte di queste teorie sono state dannose al massimo e tra le altre, una in particolare che io cercherò di confutare da qui a qualche momento.

Noi non possiamo rinunciare a questa metodologia anche quando utilizziamo il principio cosmoantropico.
Quindi, è chiara l’integrazione: se da una parte facciamo un’affermazione che viene dal principio comoantropico, dall’altra diciamo: ma questa affermazione può avere un senso se integra il metodo scientifico e il metodo scientifico è quello che parte da un’ipotesi che poi si cerca di verificare; ovvero si parte per fare una serie di osservazioni e poi si costruisce una teoria su questa serie di osservazioni. L’esempio è quello di Newton che ha lavorato in questo modo: ha osservato cosa accadeva sul piano dei solidi e poi dopo ha formulato la legge della gravitazione universale.

d) mettere in crisi la verità raggiunta e poter passare ad una migliore visione della verità, tutte le volte che l´essere umano smantella una sua illusione o una sua falsa percezione e si apre una verità sino allora impensabile, come per esempio accadde con Galileo Galilei.
Qual è la percezione che noi abbiamo? Che la terra sta ferma e che il sole gira. Solo attraverso Keplero, Copernico e Galilei siamo arrivati a convincerci, e ancora non tutti – certe volte si fanno delle statistiche dove si chiede su larga scala alle persone della strada se sanno se la terra gira o se la terra è ferma o se il sole è fermo o se il sole gira – e c’è ancora un’alta percentuale di persone che sono convinte che il sole gira e che la terra è ferma. Questo nel 1988, e non in Europa ma addirittura in America. Dunque noi, convinti da una percezione sensoriale, diciamo che il sole gira e che la terra è ferma; solo attraverso l’uso della ragione ci rendiamo conto che questa percezione è falsa e che la realtà è diversa.

Ora, storicamente, nel cammino dell’umanità noi abbiamo fatto tante di queste conquiste che ci hanno permesso di renderci conto che molte delle nostre percezioni sono vere al cento per cento e molte delle nostre percezioni sono parzialmente vere e quindi dobbiamo modificarle. Lo stesso vale per quello che vi propongo. Quello che vi dico lo posso dire come risultato di tutto il cammino che ha fatto l’umanità fino ad oggi, nella misura in cui io ne sono venuto a conoscenza, ma un domani il cammino dell’umanità progredirà ancora. Quante altre cose cambieranno nel modo di pensare, nel modo di percepire, nel modo di ragionare? Allora bisognerà integrare gli elementi del passato ma con una forma nuova e andare avanti.

Un esempio recente per illustrare quest´ultimo punto. La fisica nucleare afferma di sapere con certezza cosa accadde nell´universo a partire da un secondo dopo l´avvenuta esplosione del Big Bang e lavora strenuamente per sapere cosa accadde nel primo secondo. Afferma, poi, incautamente, che non sarà mai possibile sapere cosa è accaduto prima, essendo il tempo cominciato ad esistere solo col primo secondo e non prima. E se un giorno tutto questo si rivelasse falso come si è rivelato falso che era il sole che girava attorno alla Terra o come si è rivelato falso che l´atomo non fosse più divisibile in altri elementi? Chi impedisce di pensare (e qui entra in funzione il principio cosmoantropico) che un giorno sia possibile dimostrare che l´universo, all´inizio, era come è oggi l´ovulo di una donna appena uscito dall´ovaio e che se oggi è come lo osserviamo, ciò è accaduto perchè qualcosa, simile allo spermatozoo dell´uomo, lo ha fecondato e fatto esplodere nel Big Bang? Oggi non ci sono le prove ma un domani ci potrebbero essere (come accadde col telescopio di Galilei) e potremmo apprendere che come esistono miliardi di uomini così esistono miliardi di universi e come accade che un uomo si unisca con una donna e dia la nascita ad un nuovo essere umano così potrebbe accadere che un universo si unisca con un altro universo e dia la nascita a un ulteriore universo. Ma per procedere per questa strada, che indubbiamente dà le vertigini, bisogna prima abbattere l´autoritarismo della filosofia che serve poi da supporto all´autoritarismo della teologia. Questa depurazione è necessaria se vogliamo liberare la scienza e l´arte e farle progredire oltre le colonne d´Ercole imposte dalla filosofia e dalla teologia.

La filosofia afferma con Aristotele:
a) che non si può prescindere dal principio di causalità;
b) che non si può procedere all´infinito da una causa all´altra ma che bisogna pur giungere a una causa incausata, ad un primum movens che non è mosso da nessuno e cioè Dio, e cioè all´Assoluto, l´Ens a se e non ab alio, all´Essere incausato, senza inizio e senza tempo, che però è causa di ogni inizio e di ogni tempo.

Soffermiamoci un attimo su questi pensieri.
Dio = Ens a se: l’essere necessario che non dipende da nessuno. Cominciamo col chiarire il primo concetto.
Ens a se. E’ una frase latina che traduce il pensiero greco di Aristotele. L’ens a se, significa l’ente, l’essere che deriva da se stesso e non deriva da nessun altro.
L’ens ab alio, è l’essere che deriva necessariamente da un altro e, mentre l’ens a se è l’essere necessario, l’ens ab alio è l’essere contingente. Cosa significa necessario? Necessario è ciò che necessariamente esiste; dunque Dio, che sarebbe l’ens a se, necessariamente esiste. L’uomo e l’universo, che sono l’ens ab alio, adesso vi spiegherò perchè, sono esseri contingenti. Cosa significa la parola contingente? Che può esistere o non esistere. In definitiva, non è necessario. Dunque Dio, l’ens a se, è l’essere necessario; tutto quello che è creato, che è frutto di creazione, è essere contingente. Essere contingente significa che se esiste o non esiste, non fa nessuna differenza. E se esiste, esiste per puro caso e come esiste così può non esistere e non ha nessuna importanza.

Capite la differenza tra essere necessario e essere contingente? Bene, adesso cercate di capire la connessione tra ens a se e ens ab alio. Che cosa è un ens a se? Un ens a se è l’ Essere, cioè Dio, che non dipende da nessuna causa all’infuori di se stesso, per cui diciamo che Dio è causa sui, causa di se stesso. Che cosa è l’ens ab alio? L’ens ab alio è l’essere che riceve l’essere da un altro ma non da se stesso. Dunque quest’essere, qualunque essere che sta qui sul tavolo, ma tutti noi, secondo questa filosofia, sono esseri causati. Chi ha fatto quest’orologio? L’orologiaio; e chi ha fatto l’orologiaio? e così di seguito all’infinito.
Quindi, tutto quello che è creato, tutto quello che è contingente, tutto quello che è finito, è sempre l’effetto di una causa precedente; quella causa precedente a sua volta è effetto di una causa ancora e così via di seguito. Però il primo principio, formulato da Aristotele, dice che non possiamo procedere all’infinito da un effetto alla causa, da una causa all’altro effetto e così all’infinito. Non è possibile. A un certo punto dobbiamo necessariamente fermarci; ad un certo punto necessariamente dobbiamo postulare un essere che dà inizio a tutti gli altri esseri e lui non ha inizio da nessun altro essere. Sono riuscito ad essere chiaro fin qui? Posso andare avanti, mi seguite bene?
Adesso ripeto il testo per farvi vedere la connessione con la frase successiva.

Dunque, la filosofia afferma con Aristotele
a) che non si può prescindere dal principio di causalità;
b) che non si può procedere all’infinito da una causa all’altra ma che bisogna pur giungere ad una causa incausata. La causa sui, a un primum movens che non è mosso da nessuno e cioè Dio e cioè all’assoluto che è l’ens a se e non ab alio. All’essere incausato senza inizio e senza tempo che però è causa di ogni inizio e di ogni tempo.

Perchè? Perchè se esiste l’essere contingente, se esiste l’uomo, se esiste l’universo, esiste perchè Dio l’ha creato. Perchè l’ens a se ha generato l’ens ab alio. Mi seguite?
Il falso di questa seconda affermazione risiede, a mio giudizio, nell’affermare che comunque sia dimostrabile, filosoficamente e scientificamente, che un qualsiasi evento sia riconducibile, anche con infiniti passaggi, ad una sola ed unica causa, ad una ed una sola e non già ad una complessità di cause o per lo meno a due.
La mia confutazione consiste nell’affermare quanto segue:

non è possibile dimostrare nè filosoficamente nè scientificamente che sia dimostrabile che un qualunque evento possa essere ricondotto, di causa in effetto, ad una sola causa e ad una sola, esclusivamente una sola causa e basta. Questa dimostrazione la filosofia non la potrà mai dare e la scienza ugualmente non la potrà mai dare. Al contrario la scienza continuamente ci dà la dimostrazione dell’inverso. Cos’è l’inverso? Che c’è una molteplicità di causalità all’origine di ogni evento e non c’è mai una sola causa e io per semplificare il discorso dico: se è difficile dimostrare la complessità di una molteplicità di cause, non possiamo almeno dire che ce ne sono due di cause all’inizio di ogni evento? Partiamo da questa affermazione più semplice. All’inizio di ogni evento ci sono almeno due causalità, non una. Dimostrazione.


Non credo che la filosofia potrà mai dare questa dimostrazione e credo, invece, che la scienza possa dare e abbia già dato in innumerevoli casi la dimostrazione che ogni evento è sempre riconducibile ad una molteplicità e complessità di cause. So, poi, utilizzando ancora il principio cosmoantropico, che ogni figlio nasce da due causalità distinte: il padre e la madre, e così è per ogni animale e per ogni seme vegetale. E so che il padre e la madre non sono due causalità assolute ma essi sono immersi in una causalità molteplice che li tiene in vita e li fa agire. Ugualmente, sia l´ovulo che il seme per svilupparsi hanno bisogno di innumerevoli altre cause o come sorgenti di energia ulteriore o come sorgente di stimolo.

Vi è chiaro quanto sto affermando? Noi con una astrazione mentale possiamo dire: io sono figlio di mio padre e di mia madre; sono figlio di due causalità; e mi posso fermare là ma faccio un’astrazione mentale perchè la storia è ben diversa. Cosa dice la storia? Che mio padre a sua volta, era figlio di un padre e di una madre e che mia madre a sua volta era figlia di un padre e una madre e già sono, due più due quattro più due sei, e se comincio a risalire più indietro quanto diventiamo? A me serve, per parlare con brevità, dire: io sono figlio di un padre e di una madre, ed ho nominato due sole cause ma cosa ci sta dietro queste due cause? Una infinità di causalità. Mio padre e mia madre dove vivevano? Non vivevano in un posto geografico? E il posto geografico, la terra, la città di Messina, dove abitavano, non è una causalità? E l’aria che respiravano non era una causalità? E potrei continuare all’infinito. Vi è chiaro con questo esempio cosa significhi la molteplicità di cause che sta dietro una causalità singola o doppia?

Ancora per ridimensionare la portata del principio di causalità unica e assoluta vorrei chiedervi, primo: se il genio di Einstein o di Michelangelo o di Mozart è solo frutto della causalità unica dei genitori che li hanno generati e, secondo, come è possibile che dal meno, la banalità di questi genitori, venga fuori il più, la genialità delle persone che ho nominato. Potrei fare la stessa richiesta su come sia possibile che la vita, secondo una forma superiore e più complessa, possa derivare da una forma inferiore meno complessa: l´uomo dall´animale, l´animale dal vegetale e il vegetale dal minerale e ciò utilizzando una sola ed unica causalità e non una molteplicità di causalità. Per correggere e completare Aristotele qui vorremmo affermare il principio della causalità circolare, il quale dice che la realtà è circolare così come è circolare una ruota e realtà lineari possono esistere solo se facenti parte di una realtà circolare, cioè come parte di un tutto. Il raggio di una ruota può esistere solo se congiunge l´asse col cerchio e mai al di fuori di questa realtà. Ne segue che causalità lineari possono esistere solo se facenti parte di causalità circolari e, in particolare, ne segue che la dimostrazione lineare di Aristotele per dedurre l´Ens a se dall´ens ab alio, basata sul principio di causalità, è un falso perchè afferma l´assolutizzazione della linea.

Fermiamoci un attimo.
Adesso, per assimilare bene questi concetti, diciamo: principio di causalità unica uguale linea retta; principio di causalità circolare uguale linea curva, uguale cerchio. Potete entrare in questo paragone? Poi diciamo, una linea diritta può esistere solo se inscritta in un cerchio e qua ci dobbiamo fermare, perché subito incontriamo il ponte su cui l’asino cade. Se osserviamo questa stanza, noi vediamo che ci sono tantissime linee dritte; per esempio questo tavolo presenta una linea dritta in senso orizzontale e una linea dritta in senso verticale; qui ci sono solo linee dritte e non curve. Ma allora il mio discorso come funziona? Per gradi; se io vi chiedessi: con la vostra fantasia uscite da questa sala e pensate allo spazio dell’universo, pensate al cielo con tutte le stelle e ditemi: sapreste trovarmi una linea dritta nel cielo? La sapreste trovare? Esistente, si capisce, non immaginaria. Non esistono linee dritte in cielo; mi dispiace, non ne esistono neanche nell’universo.

La realtà è che mentre sulla terra possono esistere linee dritte – adesso vi dirò perché – al di fuori della terra non possono esistere linee dritte. Cercate quanto volete, non ne troverete nessuna, non le troverete mai! Voi, se volete disegnare sulla carta il cielo stellato, potete tracciare una linea dritta, per esempio, da una stella all’altra, ma è una vostra invenzione. Non esiste la linea dritta nell’universo. Ma allora come succede che qui esiste? Pensate un attimo alle rampe di lancio dei missili che mettono in orbita gli astronauti; una rampa di lancio si presenta dritta, verticale, giusto? E quando il missile parte, parte dritto, secondo la nostra percezione, ma dopo appena pochi secondi, che cosa succede al missile? Che si curva, e come mai? E’ successo che lì abbiamo la dimostrazione più chiara che ogni linea dritta intanto può esistere in quanto è parte di una linea curva. Se no non può esistere. Solo che su scala piccola le linee dritte le possiamo creare, esistono, le vediamo. Su scala universale le linee dritte non esistono, non possono esistere se non come parti di una linea curva, di un cerchio o di una spirale. E’ chiaro?

Intervento. “Entra in gioco la forza gravitazionale, però”.
Non ha importanza, quello che entra in gioco, quello che conta è che non possono esistere linee dritte. Questo è quello che conta. Intervento. “Perchè devono essere per forza cerchi o spirali?”
E’ una legge dell’universo, non posso dirti altro. Qualunque linea dritta è sempre parte di un cerchio o di una spirale.

Facciamo qualche esempio, prima restando sulla terra e poi passando nell’universo; sulla terra noi abbiamo esempi di linee dritte inscritte in un cerchio, per esempio la ruota. La ruota è composta da un cerchio e poi da un asse centrale e dall’asse partono i raggi che collegano l’asse centrale con la periferia e in quel caso noi abbiamo delle linee dritte, ma sono linee dritte in una realtà circolare. Chiara questa immagine? Dunque diciamo che per quanto riguarda la nostra percezione esistono veramente le linee dritte ma esistono in quanto sono inscritte in una realtà circolare e c’è, come nella ruota, dove questa realtà circolare si vede subito e c’è dove non si vede subito ma ci possiamo arrivare solo col ragionamento. La conclusione qual è? Che se noi abbiamo fatto l’analogia: causalità unica uguale linea dritta e causalità circolare uguale linea curva, adesso diciamo: non possono esistere causalità uniche separate da causalità circolari.

Adesso dovete fare questo passaggio. Più tardi io ritornerò sulla causa unica e dirò che esistono anche le cause uniche. Il mio discorso deve essere dialettico e quindi dovete avere pazienza. Intanto può esistere una causalità unica in quanto essa è inscritta in una causalità circolare, così come i raggi di una ruota che sono linee dritte sono inscritte in una realtà circolare. Posso andare avanti? Per ritornare alla confutazione di Aristotele, se io resto convinto che possono esistere le linee dritte in assoluto allora io posso con Aristotele affermare che esiste l’ens a se come causa unica ma se non possono esistere, come ho appreso a ragionare adesso, devo dire: questo è un falso. Questa è un’astrazione arbitraria fatta da Aristotele e alla quale affermazione arbitraria hanno fatto seguito tutti i filosofi e tutti i teologi fino al giorno d’oggi. E non solo tutti i filosofi e tutti teologi ma anche ognuno di noi. Io, pur dicendovi adesso queste cose che vi sto dicendo, non mi ritengo esente ancora dal pensare, dall’essere tentato a pensare che esistono delle linee dritte assolutizzate. So che è un falso, ma sono portato a pensarlo perchè sono nato in questo pensiero, in questa cultura, e non è facile cambiare modo di pensare; è molto difficile.

Adesso, per un attimo, seguitemi in quest’altra digressione che non è scritta sul testo. Vi ho detto all’inizio che dopo l’impresa di Cristoforo Colombo l’umanità intera ha accettato di cambiare idea e ha accettato di convincersi che la terra è rotonda e non piatta. Oggi tutti quanti noi siamo convinti che la terra è rotonda e non è piatta eppure noi la vediamo piatta, non la vediamo mai rotonda, giusto? Più in là io dirò: io e voi siamo abituati a pensare che Dio è piatto e io voglio chiedervi di convincervi che Dio è rotondo e non è piatto.

Non mi illudo che questi brevi ragionamenti possano sgomberare la mente dei filosofi e degli scienziati dalla inveterata dipendenza da Aristotele e dalla teologia. Einstein ha passato metà della sua vita a cercare di confutare la fisica quantistica solo perchè “Dio non poteva giocare a dadi” e lui non poteva rinunciare all’idea di Dio. Lo stesso sembra accada oggi a Stephen Hawking, il più grande studioso di buchi neri e di astrofisica, anche lui ossessionato dalla presenza o assenza dell’idea di Dio.

Tutto il suo libro, Dal Big Bang ai buchi neri, è concepito attorno a questo dilemma: presenza di Dio o assenza di Dio? Vedete come il pensiero, che è partito da Aristotele, continua ancora ad influenzare la mente dei più grandi scienziati?

Ciò che in filosofia si chiama l’Essere e il Nulla, e in teologia: Dio e il Nulla, e in fisica: i Quanti di energia e il Vuoto Quantico, per la Sophia-art tutti questi nomi indicano due causalità distinte, da sempre esistite e da sempre accoppiatesi per dare origine a nuovi universi. Esse rappresentano lo Yin e lo Yang, il principio maschile e il principio femminile di cui parlano il Tao della Cina e il pensiero religioso indù.

Non c´è bisogno di divinizzare e ipostatizzare.
Che significa ipostatizzare? In questo caso la stessa cosa che divinizzare
Queste due entità con tutte le contraddizioni insanabili che ciò comporta per la vita dell´uomo.
Adesso che sono adulto, io non ho più bisogno di divinizzare mio padre e mia madre, e quando ero bambino, invece, sì. Nè ho bisogno di divinizzare me stesso per dare un senso alla vita, quella mia e quella degli altri o per dare un posto alla spiritualità e all´amore nella mia vita e nelle mie relazioni con gli altri. Nè tantomeno per sapere se avrò un destino immortale o meno. Secondo la Sophia-art per questo mi basta sapere se sarò o no capace di fare della mia vita un´opera d´arte, non da solo ma insieme con molti altri. Credo, a questo punto, di poter tracciare tranquillamente le linee essenziali della mia visione cosmologica.

Adesso vorrei cambiare tono; in che senso? E’ come dire che se fino a questo istante io ho parlato solo filosoficamente e scientificamente, da questo istante in poi intendetemi, per favore, come se io stessi parlando solo favolisticamente. Vi sto proponendo di stare ad ascoltare una favola; se questa favola che io vi racconto vi piace e vi sta bene la accettate, se non vi piace e non vi sta bene siete liberi di rifiutarla.
Comincio a raccontarvi la mia favola.

1. L´origine dell´universo

Non c´è stato un Dio che ha creato dal nulla l’universo. Mi dispiace dover dissentire dalla Bibbia (libro da me amatissimo per tanti versi) ma non è questa la prima volta che ciò accade nella storia. L´universo ha avuto un padre e una madre, così come ogni essere umano. Questo padre e questa madre si possono chiamare in molti modi, io preferisco chiamarli Principio maschile e Principio femminile e non ho bisogno di divinizzare né l´uno né l´altro ma ho bisogno, per vivere e amare nella libertà, di liberarmi da qualunque causa incausata ed assoluta che stia ad osservare e giudicare cosa faccio nella mia vita. Essa, la vita, appartiene a me e io ne sono totalmente responsabile e nel bene e nel male.

2. Esiste solo questo universo?

Esistono tanti universi e non questo solo e non è detto che io debba conoscere solo questo in cui vivo. Trasformando la mia vita in un´opera d´arte, potrei avere trovato la chiave che mi permetta di passare da un universo all´altro e, rifiutandomi di trasformarmi, potrei restare semplicemente un animale uomo che precipita nel nulla e nell’annientamento della sua soggettività col dissolversi della forma biologica e fisica nella quale è incarnata questa soggettività, così come accade per le piante e per gli animali.

3. La vita dopo la morte

Sviluppo del punto ‘2’. Ho affermato che esistono altri universi e che chi è capace di trasformare la sua vita in un´opera d´arte può passare da questo universo a un altro universo, per dare inizio a una nuova vita. In che modo?
Ho già dato un´ampia risposta nel mio libro “La vie comme oeuvre d´art”. Qui voglio indicare un´altra risposta.
L´uomo produce gli spermatozoi e la donna produce gli ovuli. Per poter generare una nuova vita questi spermatozoi e questi ovuli devono staccarsi, mettersi in viaggio, incontrarsi e fondersi. Io penso che ogni essere umano che si distacca da questa vita e muore è come un ovulo o come uno spermatozoo che si distacca e muore alla sua identità terrestre per acquistarne un´altra, quella che si darà dopo l´avvenuta fusione col partner di un altro universo. Non tutti gli spermatozoi e gli ovuli che vengono prodotti sono di fatto destinati a generare una nuova vita. Non tutti gli esseri umani che muoiono sono per ciò stesso capaci di dare inizio a un´altra vita. Chi resta profondamente egoista non ha le capacità per fondersi con un altro essere e dare inizio a una nuova vita. L´egoista non accetterà mai di perdere la sua identità individuale e perciò non può fare coppia con nessuno, né in questa vita né nell´altra.

Inoltre, ci vuole arte per incontrare il partner adatto; ci vuole arte per espugnarlo e ottenere il consenso alla fusione; ci vuole arte perchè questa fusione porti avanti in tutta la sua estensione un progetto complesso, com´è una nuova vita a due, e ci vuole arte per affrontare e superare i molti ostacoli che potrebbero trasformare un progetto di vita in un aborto. Non basta, dunque, non essere egoisti, e questo è quello che raccomandano le religioni, per incarnarsi in un altro universo; bisogna pure diventare artisti e artisti della propria vita, e questo è quello che chiede la Sophia-art. Gli animali, i vegetali e gli esseri umani, anche se non proprio tutti, la maggior parte, si servono di forme artistiche per corteggiarsi tra di loro.
C´è chi usa forme visive, ricche di colori, come i fiori, e chi usa forme canore, come gli uccelli. C´è chi usa forme olfattive e chi usa movimenti ritmici che esprimono la forza o la grazia e la bellezza di una danza. L´essere umano che vuole incarnarsi in un altro universo deve imparare a trasformarsi, prima che muoia, in vibrazioni artistiche di forma visiva o sonora o ritmica e forse anche olfattiva e gustativa. L´ampio ventaglio di arti umane create dagli artisti ha come scopo di commuovere e meravigliare l´uomo attraverso i suoi cinque sensi. C´è una forma d´arte per gli occhi, una per l´udito, una per la bocca, una per l´olfatto, i profumi, e una per il corpo, la danza. Queste forme attraggono gli uomini e creano fusioni, fusioni tra gli umani e fusione tra l´umano e l´artistico e da queste fusioni nasce sempre una nuova vita. Forse questa è la strada per l´al di là: saper produrre vibrazioni artistiche nelle più svariate forme per corteggiare e incantare le anime gemelle ultramondane e assicurarsi una nuova vita.

4. Il problema del male e del dolore

Se c´è un Dio, che è il Dio dei filosofi e dei teologi, che crea l´universo, la presenza del male, quello fisico e quello morale, non troveranno mai un´adeguata risposta alla necessità della loro presenza in questo mondo. Le contraddizioni filosofiche e teologiche sono tali e tante per cui solo arrampicandosi sugli specchi o facendo ricorso alla misteriosa volontà di Dio è possibile sostenere a riguardo un pensiero che sia coerente con se stesso. A meno che non si accetti la brutale coerenza di S. Tommaso d´Aquino che afferma che i dannati sono necessari alla gloria di Dio o quella di S. Paolo per cui era necessaria la morte di Cristo per salvare il mondo dal peccato, perché Dio non aveva altre soluzioni migliori.
Ma le contraddizioni maggiori scattano nel cuore dell´uomo e non nella sua mente, quando suona l´ora del dramma e il dolore e il male si presentano col loro peso insopportabile. Camus si rivoltava di fronte a tutto il dolore del mondo ma soprattutto dinanzi al dolore e alla morte degli innocenti. Oggi, forse, nessuno si rivolta come lui ma non certo perché sia aumentata la fede. Ma se non è Dio ad aver creato il mondo, allora non c´è più un mondo assurdo e ingiusto contro cui lottare ma piuttosto un mondo senza senso a cui solo un artista può dare un senso. Ora un artista che non si sia confrontato col male e col dolore è un artista mediocre e la sua arte è mediocre. Invece, grandiosa è l´arte di chi ha saputo trasformare il male e il dolore in creatività artistica. E ancor più grandiosa è l´arte di chi trasforma la sua vita in un´opera d´arte utilizzando l´energia contenuta nel male e nel dolore, quello proprio e quello del mondo.

5. L´universo si contrae?

I fisici si domandano se quest´universo che, oggi, è in espansione, continuerà ad espandersi all´infinito ovvero un bel giorno cesserà di espandersi e darà inizio a una collassazione senza fine. Seguendo il modello cosmoantropico la Sophia-art dà queste risposte. L´universo intero è un solo organismo vivente, così come lo è un essere umano. Un essere umano si espande dal concepimento fino all´età adulta e poi non si contrae ma si ferma nell´espansione raggiunta fino a quando, dopo molto tempo, non sopraggiunga la morte fisica. Che bisogno c´è che l´universo si contragga come si contrae un gioco di artificio? Certo, anche questo universo un giorno morirà. Ma l´uomo prima di morire genera i figli e genera tante altre cose. Così questo universo prima di collassare e morire, quanti altri universi avrà generato e quante altre cose che oggi sono inimmaginabili?

6. L´universo ha un Io Persona?

Se l´universo è come un unico organismo vivente come il vivente umano, è pensabile che come l´uomo ha un soggetto centrale e cioè un Io che pensa, che vuole, che ama, che progetta e crea, così l´universo avrà un suo Io che è soggetto centrale e che pensa, che ama ed agisce e cioè un Io Persona. Ma come il mio Io Persona non è Dio, né in senso filosofico e né in senso teologico, perchè dovrebbe esserlo l´Io Persona del cosmo? Io, vivente umano, sono composto di miliardi di cellule e di miliardi e miliardi di atomi. Ogni mia cellula e ogni mio atomo hanno anche loro un soggetto centrale che pensa, che ama e che crea. Come posso pensare che il pensiero del mio Io cosciente non sia in comunicazione col pensiero delle mie cellule e dei miei atomi e viceversa? Certo io posso separami da loro e posso oppormi a loro nella mia insania e nella mia follia, ovvero posso trascendermi e chiedere alle mie cellule e ai miei atomi di seguirmi nel mio trascendimento e nella mia opera d´arte e così creare tutti insieme la gioia totale dell´essere. Allo stesso modo io posso unificare il mio Io cosciente e globale con l´Io Cosmico globale dell´universo ed entrare a far parte dell´armonia cosmica. Che altro hanno fatto se non questo i mistici di tutte le religioni e di tutti i tempi? Seguendo la metapsicologia personalistica, da me proposta nel libro: “Teoria della Persona”, posso attribuire all´universo come all´uomo, un Io Psichico, un Io Corporeo, un SE’ Personale e un Io Persona. O, forse, più audacemente, potrei pensare che l´insieme sistemico di queste quattro componenti dell’uomo, che non sarebbe la semplice somma delle parti, formi e rappresenti l´Io Corporeo, l´Io Psichico, l´Io Persona e il SE’ dell´universo intero. Tutti insieme rappresenteremmo l´essere e il divenire della totalità dell´Io Cosmico in un passaggio continuo da una forma all´altra, da una creazione all´altra, da un trascendimento all´altro, da un´opera d´arte all´altra, per condurre, senza annullarlo, il molteplice all´Uno e l´Uno alla contemplazione del Bello così creato e alla gioia estatica che da esso si sprigiona.

Per aiutare le vostre menti a concentrarsi sull’argomento vi presento un’altra realtà che può diventare un’immagine analogica di quello che abbiamo detto a proposito della causalità unica e della causalità circolare o molteplicità di causalità unica e della causalità circolare o molteplicità di cause. Pensate ad un albero genealogico; l’albero genealogico è costruito in linea diretta. Ora se voi riflettete, pensate soprattutto per esempio all’albero genealogico di una monarchia, un re che discende da un altro re e così via di seguito discorrendo. Volevo soltanto concludere che se riflettete un attimo vi rendete conto che un albero genealogico è un’astrazione mentale che non tiene conto della storia. Mentre parlavo con Alberto mi faceva notare che nell’albero genealogico è sempre eliminato l’elemento femminile. Dico questo per ricondurvi al punto di partenza dove vi parlavo della causalità, del principio di causalità secondo Aristotele dicendovi che anche quella era un’astrazione che non teneva conto della realtà. Così come l’albero genealogico non tiene conto della realtà, che è molteplice e molteplicità di causalità, ma noi per comodità facciamo l’albero genealogico in linea dritta e saltiamo vuoi a destra e vuoi a sinistra, ma non è questa la realtà storica.

Abbiamo rifatto l’aggancio col punto di partenza, adesso passiamo ad un’altra immagine che anticipa il discorso che vi farò. Vi ho parlato all’inizio di Cristoforo Colombo e come da lì è cominciata l’unificazione di oriente e occidente e l’unificazione della terra come una realtà globale, e poi vi ho detto: io vi chiedo il coraggio di partire per una nuova impresa. L’impresa di unificare l’uomo con l’universo e l’universo stesso in tutte le sue parti. Qualcuno mi ha detto: caspita come è difficile seguirti, ed io gli ho risposto hai ragione; se ieri sera si trattava di salire, come diceva Giorgio, sulla sella del cavallo e noi conosciamo come sono i cavalli, a partire da oggi si tratta di salire sull’ippogrifo, non sul cavallo. Avete bisogno di un coraggio ancora maggiore perchè io vi chiedo si saltare in sella a un cavallo alato, all’ippogrifo, e così potremo fare questa unificazione.

Adesso vi do un’altra idea che vi serve di base e poi io continuo a leggere il testo.
Nell’essere umano esiste il sistema nervoso centrale e un sistema nervoso periferico. Il sistema nervoso centrale ha sede nel cervello e nella spina dorsale; dalla spina dorsale poi partono tutte le congiunzioni col sistema nervoso periferico. Dico bene fin qui? I medici che sono in sala sono d’accordo? Bene, allora, ci poniamo una prima domanda: qual è il sistema nervoso centrale dell’universo e qual è il sistema nervoso periferico dell’universo? Seconda domanda: seguendo l’evoluzione della vita sulla terra, sappiamo che prima non esisteva nessun sistema nervoso poi è cominciato ad esistere un sistema nervoso periferico, poi dal sistema nervoso periferico si è sviluppato un sistema nervoso centrale e poi è avvenuta la congiunzione tra il sistema nervoso periferico e il sistema nervoso centrale. Se questo è avvenuto a riguardo dell’evoluzione della vita sulla terra, che cosa deve accadere perchè il sistema nervoso periferico dell’universo e il sistema nervoso centrale dell’universo siano in connessione tra di loro? A queste domande io non ho ancora una risposta da dare.

7. La vita, in questo universo, esiste solo sulla Terra?

Questa domanda è mal posta. Mi spiego. Se l’universo è un organismo vivente, come lo è l’uomo, la vita nell’universo è dovunque, in tutte le parti dell’universo, così come la vita è in tutte le parti dell’uomo. La forma corretta di porre la domanda potrebbe essere questa: la vita si riproduce solo sulla Terra o anche altrove? Per sapere la risposta torniamo all’uomo. Gli organi riproduttivi dell’uomo e della donna si trovano in un solo punto del loro organismo e non in più punti. L’utero si trova in un solo punto della donna e non in più punti. Sarebbe un controsenso per la buona funzionalità di tutto l’organismo che ci fossero più uteri in un solo corpo. Io penso che la galassia della Via Lattea, a cui appartiene il sistema solare che contiene la Terra, rappresenti l’insieme degli organi riproduttivi maschili e femminili della vita dell’intero universo. Altre galassie hanno altre funzioni. Nell’universo c’è un solo utero e questo utero è la Terra. Possiamo continuare a pensare e desiderare che esistano altri esseri viventi ma allora io proporrei di cercarli non dentro questo universo ma dentro altri universi che si stanno sviluppando nello spazio infinito, accanto e oltre il nostro universo.

8. Prima di questo universo esisteva il tempo?

Prima che io fossi concepito, il mio tempo non esisteva ma esisteva il tempo di mio padre e di mia madre e di molti altri ancora. Così, prima che questo universo nascesse, il suo tempo non esisteva ma esisteva il tempo degli universi precedenti che, accoppiandosi, hanno creato questo universo. E´ così difficile accettare un pensiero così semplice? O è troppo semplice per poter piacere alle menti complicate dei filosofi? Ma da chi sono nati costoro? Non sono anche loro figli di un padre e di una madre? Si direbbe di no. Così come tanti bambini rifiutano di considerarsi figli dei loro genitori e fantasticano chissà quali natali, così tanti filosofi, non potendo accettare la semplicità essenziale della vita, si scervellano con speculazioni metafisiche per darci a intendere quanto sono diversi e quanto sono superiori a noi, poveri mortali. Mi piace quando Davide Lopez, nel suo libro: “La vita nella selva” li strapazza denunciando la miseria del loro Io fallico-napoleonico e megalomanico.
Poichè, grazie a Einstein, sappiamo che tempo e spazio sono un tutt´uno, così quello che ho detto per il tempo vale ugualmente per lo spazio. Il mio spazio-tempo comincia ad esistere con me e finirà di esistere con me. E come il mio spazio-tempo è contenuto in uno spazio-tempo più ampio così lo spazio-tempo di questo universo è contenuto in uno spazio-tempo ancora più vasto.
Che poi la mente umana non sia capace di arrivare a spiegare e immaginare questo spazio-tempo più vasto, che difficoltà è mai questa? Forse che la mente umana è capace di immaginare la quadridimensionalità? E per questo essa non esiste?

9. Il posto dell´arte nell´universo

Ma per i filosofi la Sophia-art ha una domanda ancora più interessante. La storia della filosofia è lunga e attraversa i secoli. Sono forse riusciti i filosofi a spiegarci cosa è l´arte, che cosa è arte e cosa non è arte e perchè? Viene un filosofo e dice: questa è l´arte. Viene il filosofo successivo e dice: no, tutti voi che mi avete preceduto vi siete sbagliati; adesso vi spiego io cosa è l´arte. Ma anche il suo parlare si rivela un balbettio e così la filosofia non ha saputo dirci ancora cos´è l´arte. L´arte, però, intanto esiste e si sviluppa e non muore mai mentre muoiono i sistemi filosofici. Che grande mistero è questo mai? Per me l´arte è una creazione superiore alla creazione stessa dell´universo. Provo a dimostrarlo. Nell´opera d´arte, quello che prima non esisteva ora esiste, e non esiste come una cosa inanimata ma come un soggetto vivente e non come un soggetto vivente qualunque, vegetale, animale, umano: che vive, si riproduce e muore; ma come un soggetto vivente che vive sempre, genera energia inesauribile e non muore mai anche dopo la morte dell´artista che l´ha creato. Proviamo a mettere l´artista al posto del Dio dei filosofi e dei teologi e allora avremmo che l´artista crea dal nulla tutte le cose. Il nulla inteso non come non essere ma come vuoto quantico da cui è possibile trarre fuori tutte le forme e tutte le potenzialità possibili.

Il vuoto quantico secondo la fisica quantistica è la capacità di contenere dei pacchetti di energia. Ma con una capacità di condensazione inimmaginabile. Quindi il vuoto quantico è una capacità infinita di concentrazione massima di pacchetti di energia.
E il nulla inteso come non essere totale, nel senso che veramente, prima che l´opera d´arte sia creata essa era nulla, totalmente non esistente, totale non essere e poi, miracolo, l´artista crea e trasforma il non essere in essere, il non esistere in esistere, il non vivente in vivente e in vivente immortale. E lui, l´artista che prima esisteva solo come un essere biologico, ora si è trasformato, ora si è incarnato nell´opera d´arte e nella materia che fa da supporto all´opera d´arte. Prima era uno e ora sono in tre, fusi insieme eppure distinti: il supporto, l´opera d´arte e l´artista.
Concretamente, se pensate ad un’opera d’arte pittorica, il supporto che cosa è? E’ la tela; e l’opera d’arte che cosa è? Non lo sappiamo ma c’è ed è visibile e godibile. Pensate a Botticelli e alla Primavera ovvero pensate a Leonardo da Vinci e alla Gioconda; in ognuna di queste opere c’è dentro l’arte e l’artista che le ha create. Sono tre e sono uno: il supporto, l’opera d’arte e l’artista.

Quale sintesi di opposti e quale armonia da questa sintesi! Secondo la teologia e la filosofia, Dio è eterno e non può morire, perchè è fuori del tempo. E tuttavia è anche necessariamente presente nel tempo di questo universo. I teologi dicono che l´essere contingente, l´universo, non può restare nell´essere, non può continuare ad esistere se l´essere necessario, Dio, ritirasse un solo istante la sua azione di supporto all´universo.
Materializzare questo concetto è semplice. Io tengo adesso il mio porta chiavi così, lo tengo in alto con la mia mano; se io levo la mia mano esso non può più stare in alto e quindi cade subito per terra. Questa è l’immagine del rapporto che, secondo i filosofi e secondo i teologi, c’è tra Dio che è l’ens a se e l’universo che è l’ens ab alio. L’universo che è l’essere contingente non può esistere se Dio non lo tiene sempre con la mano così in alto, perchè appena Dio ritira la sua azione creatrice l’universo cade nel nulla. Guardiamo adesso il parallelo tra l’artista e l’opera d’arte.

L´artista, invece, egli può morire; egli muore quando finisce il suo tempo biologico. Ma, stranamente, non muore del tutto: continua a vivere, ad essere presente e ad agire, nella sua opera d´arte e attraverso la sua opera d´arte, che è nata nel tempo ma è fuori di quel tempo e attraversa tutti tempi, finchè ci sarà un supporto materiale a sostenerne l´esistenza e finchè ci saranno altri esseri umani per fruire di un´opera d´arte e darle nuova vita e nuova continuità.
Qui immaginate il potere non solo dell’artista che ha creato l’opera d’arte ma il potere anche dei fruitori dell’opera d’arte, perchè senza i fruitori l’opera d’arte non può esistere e l’artista neppure e cominciate a capire il concetto di circolarità tra artista che crea e i fruitori dell’opera d’arte. Esempio ancora più massiccio. Vi piace il rock? A me non piace, ma in questo momento piace a milioni di persone. Può esistere un cantante rock, se non ha milioni di fans che vanno a sentirlo, che vanno a comprare i suoi dischi o che vanno ai suoi concerti? Può esistere per conto suo ma allora la sua musica l’ascolterà solo lui. Se vuole esistere pubblicamente ha bisogno dei suoi fans; lo stesso per un calciatore, se nessuno va allo stadio a vedere la partita, il calciatore esiste solo per i suoi compagni di squadra. Capite la circolarità, capite cosa significa causalità circolare? Un artista senza fruitore dell’opera d’arte non può esistere e un giocatore di calcio senza i suoi tifosi non può esistere, un cantante rock senza i suoi fans non può esistere. Quindi, non pensate soltanto al potere dell’artista, del calciatore, del divo o della diva del cinema, pensate anche al rapporto essenziale che ognuno di loro ha col suo pubblico e capite ed entrate profondamente nella comprensione dell’importanza del potere artistico di chi si mette in contatto con quell’artista; perchè se questo non avviene egli non può esistere né pubblicamente nè socialmente nè storicamente. Può esistere solo per conto suo ma nessuno lo saprà mai.

E l´opera d´arte, a differenza dell´universo in rapporto a Dio, può esistere autonomamente, una volta uscita dalla mente dell´artista. Se l´artista non c´è accanto, se l´artista muore, l´essere e l´esistere dell´opera d´arte non ne patiscono alcun danno.
Cercate di capire rispetto all’essere la differenza tra la concezione filosofica, quella teologica e quella artistica. Abbiamo detto che se io tengo questo orologio in mano, in alto, sta qui finchè io lo tengo; se levo la mano cade. Secondo i filosofi e i teologi non possiamo esistere se Dio non ci mantiene nell’esistere. Se lui non ci mantiene nell’esistenza noi scompariamo nel nulla. Questo è il potere di Dio. A me pare che sia un potere molto limitato; se lui non sta là a tenerci per mano la sua creazione scompare nel nulla.
E’ così per l’artista e l’opera d’arte? No, non è lo stesso potere! Una volta che Leonardo da Vinci ha creato la Gioconda, la Gioconda esiste finchè esisterà quella tela, finchè non sarà distrutta da un incendio o un terremoto o da chicchessia e l’opera d’arte continua ad esistere senza che ci sia nessun bisogno di Leonardo da Vinci che gli stia accanto o che gli stia dietro per tenerlo così. Questo è il potere dell´artista. Secondo voi, qual è maggiore, il potere di Dio o il potere dell’artista? Speriamo che riusciate a capirlo!

Sono là in eterno.
Che strano! Dunque l´artista ha più potere creativo di Dio? E l´opera d´arte ha una qualità d´essere superiore alla qualità d´essere che ha questo universo?
Quanto è grande, dunque, il potere dell´artista?
Ma, allora, è meglio essere artisti che essere Dio!
C´è un punto almeno in cui conviene meno essere artisti anzichè essere Dio. Quando l´artista crea, quando l´artista è preso nel processo creativo, c´è un momento lunghissimo e terribile in cui l´artista deve affrontare la morte, deve affrontare il vuoto e deve svuotarsi di quello che è fino a quel punto del suo esistere per poter dare spazio al pieno che rappresenterà l´opera d´arte uscita dal nulla, uscita dal vuoto, uscita dal cuore e dall´essere totale dell´artista.

Dio non sa nulla di questa morte, non sa nulla di questo vuoto.
Egli è e non diviene.
Egli è e non deve morire.
Egli è la beatitudine eterna e non può soffrire.
Egli crea nell´istante e non conosce cos’è il travaglio. Il travaglio della donna che partorisce; il travaglio dell’artista che crea. Ah come sarebbe comodo essere Dio in quel momento!

E Dio disse: “sia fatta la luce, e la luce fu”. Facile, no? Ma per noi non è così facile.

Chi ha tenuto le conferenze ieri sera ne sa qualcosa, vero? Come sarebbe stato comodo essere Dio anzichè una persona che legge una conferenza, che deve presentarsi di fronte al pubblico, il quale sembra un mostro che se lo voglia mangiare; e lo stomaco che diventa un campo di battaglia! Non è stato così? Ecco il travaglio. E Dio, il Dio dei filosofi e dei teologi, che cosa ne sa lui del travaglio?!

10. L´Io Persona dell´universo è un artista?

Se finora abbiamo parlato criticamente della filosofia e della teologia ed entusiasticamente dell´arte, adesso è venuto il momento di integrare l´apporto storico della filosofia e della teologia con quello dell´arte, nella nostra concezione dell´universo.
Ecco un esempio del mio modo di pensare dialettico e circolare. Se un momento fa ho parlato con sarcasmo dei filosofi e dei teologi, adesso invece comincerò a parlarvi del lavoro prezioso che hanno fatto. Ce la fate a seguirmi così?

Accogliamo l´idea filosofica e teologica dell´esistenza di Dio come creatore e causa prima, ma vogliamo provare a riformularla artisticamente, utilizzando ancora una volta il principio cosmoantropico e il principio della causalità circolare. Tutto quello che sappiamo dell´uomo come artista lo applichiamo non a colui che ha creato questo universo ma a colui che sta creando questo universo e cercheremo di applicarlo secondo la causalità circolare. L´universo, infatti, come dice la scienza, non è del tutto creato ma è in fase di creazione. Esso è in fase di espansione e di crescita ed ha appena quindici anni. Se consideriamo un miliardo di anni come un anno cosmico e se dal Big-Bang sono passati quindici miliardi di anni – ma la scienza è ancora cauta nello stabilire la precisione di questa cifra – possiamo stabilire che quindici miliardi di anni equivalgono a quindici anni cosmici e, dunque, l´universo ha quindici anni cosmici. A riutilizzare, in un altro contesto e con altra modalità, quanto ci dice la filosofia e la teologia, siamo spinti dall´approfondimento stesso del principio cosmoantropico.

Se riflettiamo sul modo come nasce l´essere umano, in quanto essere biologico, abbiamo dovuto riconoscere come essenziali due cause generanti: il padre e la madre. Ma se riflettiamo sull´uomo che costruisce se stesso come uomo, sappiamo che egli è l´unica causa di se stesso nel momento in cui decide di diventare un uomo o di forgiarsi come uomo.
Riflettendo sull´uomo che agisce sul piano della morale o sul piano della crescita, sappiamo che anche qui l´uomo è essenzialmente causa unica del suo agire. Responsabile unico della sua capacità di dare una forma e un contenuto d’arte alla sua creatività.

Vi è chiaro questo passaggio?
Se pigliamo il passaggio dell’uomo e della donna dallo stadio dell’età infantile allo stadio dell’età adulta, non in senso biologico che è una cosa automatica ma in senso interiore (riflettete, come si fa a trasformarsi da bambini in adulti?) c’è qualcun altro che lo possa fare per noi? I genitori lo possono fare per noi? Non possono. I terapeuti lo possono fare per i pazienti? Non possono. Gli educatori lo possono fare per gli educandi? Non possono farlo.
Un bambino, un adolescente, può decidere lui e soltanto lui, e nessun altro all’infuori di lui, se deve diventare adulto o se deve restare bambino.

Intervento. “Può essere educato, però”.
Sì, e non serve a nulla o serve molto poco. Certo l’educatore serve, però, nel momento della decisione, l’individuo è solo con se stesso, e se l’individuo decide di diventare adulto, lo diventa e se non lo decide, non lo diventerà mai.

Intervento. “Ma in questa decisione non può essere aiutato?”
Sì può essere aiutato dall’educatore, può essere aiutato dai modelli di persone adulte, ma adulte interiormente, che si trova accanto. Altro esempio: riflettiamo sull’uomo che deve assumere una responsabilità sul piano morale. Chi è che decide se compiere o no un´azione morale o un´azione immorale? Lo decide qualcun altro per me? Lo decido io e solo io. E io sono causa unica del mio agire morale. E un artista che crea? Può chiamare qualcun altro a sostituirsi a lui nell’agire creativo?

Ora questo universo, così come l´uomo, oltre a una vita biologica ha una vita spirituale. Se all´origine della sua vita biologica postuliamo due causalità: il principio maschile e il principio femminile, come causalità centrali accanto a un corteo di altre causalità, all´origine della vita spirituale di questo universo dobbiamo necessariamente postulare una ed una sola causalità centrale: un soggetto unico che decide come causa sui, come causa di se stesso e come causa incausata.
Causa incausata significa che non è generata da nessun’altra. Torniamo all’adolescente che diventa adulto. L’adolescente che diventa adulto è una causa sui e una causa incausata perchè i genitori o gli educatori, abbiamo detto, non possono causare l’effetto che un adolescente diventi adulto se l’adolescente non lo decide da se stesso. Non c’è niente da fare; l’adolescente, nel momento in cui si trasforma in adulto, è causa unica della sua trasformazione e della creazione di se stesso.

Mio padre e mia madre sono la causa della mia vita ma non sono la causa del mio agire. La causa del mio agire è il mio Io come soggetto, il mio Io Persona. Il mio Io biologico è causato dai miei genitori e dalla specie umana ma il mio Io Persona non è causato dai miei genitori. Il mio Io Persona si genera da se stesso. Io sono artefice delle mie azioni e delle mie decisioni, io sono artefice di me stesso. Io che mi sono generato come artefice di me stesso, io come causa unica, genero le mie opere d´arte. A questo punto, per analogia, appare necessario reintrodurre nella creazione dell´universo la causa prima di cui parlano i filosofi e i teologi. Essa è necessaria se l´universo deve avere una vita spirituale e non solo biologica e se questa vita spirituale può essere solo, come accade per l´uomo, in fieri, in divenire, e non già costituita sin dal primo momento della esistenza dell´universo. Una causa prima ed unica che sia immanente all´universo, dentro all´universo e non già fuori, così come il mio Io Persona è dentro di me e non fuori di me. Altri parlerebbero dell´anima dell´universo, io sto parlando dell´Io Cosmico, dell´Io Persona dell´universo in divenire e voglio parlarne, non speculativamente, ma applicando per analogia tutto quello che so dell´Io dell´uomo come artista, artista nella vita e artista di se stesso.

Questo procedimento non può essere lineare ma deve necessariamente essere dialettico: prima affermeremo una cosa e poi la negheremo con altre argomentazioni, non per distruggere quanto prima abbiamo affermato ma per operare la sintesi di concetti e realtà opposte tra di loro. E, poi, per affermare la presenza del principio di causalità circolare. Possiamo convenire tutti sul fatto che ogni artista è un creatore. Ma se ci chiediamo: ogni artista è causa prima ed unica della sua opera d´arte? Potremmo rispondere che in parte sì e in parte no. La paternità di un´opera d´arte spetta certamente all´artista che l´ha fatta ma l´artista non è mai solo ad operare. Ogni artista è inserito in una rete di comunicazione che ha radici nel passato e rami nel presente. Ogni artista esprime continuità e rottura con gli artisti che l´hanno preceduto; è influenzato dalla cultura del presente e può inserirsi in qualunque filone della cultura del passato. La sua intuizione, poi, può addirittura scaraventarlo nel futuro e anticipare quello che ancora non esiste. In questo senso l´artista non è e non può essere causa prima ed unica delle sue opere d´arte. Egli opera insieme con molte con-cause, ma c´è un momento in cui egli le sintetizza in un´unica e sola causa, insieme con se stesso e il suo sentire, nel momento della creazione; qui egli diviene causa prima ed unica.

Tutto quello che preesiste all´artista, ed è il molteplice, si fonde e si unifica nell´ispirazione creativa dell´artista, che così diviene una sola causa essenziale. Ma accanto all´artista, ci sta sempre il vuoto, il nulla delle opere d´arte che non sono state ancora create. E, poi, abbiamo detto che per poter creare l´artista deve fare il vuoto dentro se stesso di tutto quello che egli è sino a quel momento, per poter fare apparire quello che ancora non esiste e dargli esistenza autonoma e vita immortale, cioè artistica. Nell´interagire con questo vuoto, l´artista non è né onnipotente né onnisciente e neanche perfezione assoluta. Creando, egli esprime la sua potenza e diviene potente, esprime la sua arte e diviene campo di energie di conoscenza e di vita, di amore e di bellezza, per sè e per molti altri. Per tornare al nostro universo, ci sembra che sia più saggio, invece che postulare un Dio che ha creato l´universo, avendo egli le qualità attribuitegli dai filosofi e dai teologi, postularne uno che sta creando l´universo, con le sole qualità e quelle sole che appartengono ad un artista.

Via con l´onnipotenza, via con l´onniscienza e via con la perfezione assoluta. Sono tutte proiezioni umane e bisogni umani. Questo potrebbe essere il punto di partenza di una nuova cosmologia. La materia e l´energia possono passare continuamente da un pieno ad un vuoto e da un vuoto a un pieno. Questo passaggio può essere o caotico o artistico. E´ caotico se non c´è nessuna forza personale o impersonale che lo organizza e il passaggio avviene secondo le leggi del caos e della necessità; è artistico se c´è un Io Persona che lo plasma e lo struttura secondo una forma d´arte e secondo le leggi dell´arte. Se guardiamo alla struttura fisica di questo universo potremmo decidere di affermare che questo universo è un´opera d´arte; ma se guardiamo al “fenomeno umano”, che è parte di questo universo, nella sua complessità e non solo nella sua struttura biologica, come facciamo ad affermare che esso sia un´opera d´arte?

Dovremmo concludere che sono da considerare le qualità e i limiti dell´Artista Cosmico. Se per un verso è stato potente, per un altro è stato impotente. Potente con la natura e impotente con l´uomo e con la società umana. Ma potremmo anche guardare le cose con un´altra ottica. Forse il progetto più arduo e più bello di questo Dio Artista – postulato dalla Sophia-art – è quello di trasformare, nel tempo, se stesso e l´essere umano da un essere minerale, vegetale e animale ad un essere artista, non fatto ad immagine e somiglianza del Dio dei filosofi e dei teologi, ma a immagine e somiglianza di un Dio Artista in divenire. Un artista che crea la sua felicità non prima di creare il mondo ma mentre lo sta creando. Un artista che sa riconoscere che non può essere perfetto d´un sol colpo e all´istante, così come appare, invece, il Dio della Bibbia, che crea tutto e bene con una sola parola e, però, non si vede come abbia creato la sua felicità. Un artista che crea per tentativi ed errori, per prove e riprove, e mentre crea si perfeziona e perfezionandosi migliora le qualità dell´opera. Come Leonardo da Vinci, il quale porta sempre con sè, nei suoi spostamenti da una corte all´altra, la sua Gioconda e ogni giorno la sottopone a nuove pennellate e nuovi ritocchi. E dove potremmo immaginare che l´iniziativa di questi nuovi ritocchi non parta sempre e solo da Leonardo ma, a partire da un certo momento, dalla Gioconda stessa che, in dialogo con Leonardo, a volte con grazia e a volte con prepotenza, ha suggerito i ritocchi più belli. Dio, l´artista, che si modella come uomo, con una lunga evoluzione di millenni, per darsi prima una vita biologica e poi una vita spirituale, fatta di intelligenza, di saggezza, di amore e di creatività artistica. Dio, l´artista, che si incarna nell´uomo e si fonde col suo essere, gradualmente, giorno dopo giorno, da un superamento all´altro, da un trascendimento all´altro, da una metamorfosi all´altra.

Dio che si autocrea con l´uomo e nell´uomo con una qualità d´essere che prima non esiste e che sgorga nell´atto della decisione, di cui solo l´Io è il Signore assoluto, la causa unica e prima, la causa incausata che non ha origine e dà origine alla fusione tra l´uomo e il Dio che lo abita, creando una mirabile sintesi di opposti, una mirabile opera d´arte, dove l´uno non è confuso con l´altro ma i frutti appartengono all´uno e all´altro, parlano dell´uno e parlano dell´altro, danno il meglio dell´uno e il meglio dell´altro, perchè scaturisca la gioia e la pienezza della vita e dalla vita sgorghi sempre nuova vita. Dio, l´artista che prima modella l´uomo e poi entra in dialogo con lui, perchè siano due artisti in coppia ad operare e non più uno solo, secondo il principio della causalità circolare. Come accade sul set di un film o sul palcoscenico di un teatro o sul proscenio di un´orchestra. Non c´è più un solo artista che opera: il regista o il direttore d´orchestra; ci sono più artisti, che creano insieme – individualmente e comunitariamente – un´opera d´arte corale assieme al pubblico che è là non per assistere ma per partecipare e, dunque, è parte integrante dell´opera d´arte.

Qui c´è spazio per la storia umana, per l´agire umano e per la libertà umana e anche per l´agire di Dio, se Dio è solo un Artista e questo artista è l´Io Persona dell´universo in dialogo con l’Io Persona dell’uomo. Per concludere, per creare questo universo, nella realtà fisica e biologica, non è stato necessario che ci fosse un Dio per crearlo. Per creare questo universo nella sua realtà spirituale è necessario un Dio che lo crei autocreandosi, così come si autocrea un uomo, così come si autocrea un artista.

Da una parte questo Dio è l´Io Persona del mondo e dall´altra, questo Dio, in parte siamo noi e in parte lo dobbiamo ancora diventare.
Abbiamo la storia per farlo.
In fondo noi e l´universo siamo appena nell´età dell´adolescenza.
Ho costruito una favola?
Mi piacerebbe molto se ci fossi riuscito.
Penso che tutte le cosmologie, da quelle mitologiche a quelle scientifiche, se resistono nel tempo, resistono finchè piacciono agli uomini come favole rassicuranti e illuminanti.
Anche una favola è, in un certo senso, un´opera d´arte e quelle che hanno maggiori qualità artistiche resistono di più nel tempo sino a diventare favole immortali.
Vorrei aver creato una favola immortale: la favola della concezione cosmologica della Sophia-art.
Questo è solo il primo abbozzo, un primo tentativo; per sapere sin dove è riuscito e dove no, adesso ho bisogno di dialogare con voi a cui l´ho raccontata e poi con coloro a cui la racconterò in seguito.

Intervento. “Vorrei dire due cose brevissime. Sento che questa visione è molto, molto rivoluzionaria. La sento proprio originalissima. Questa importanza dell’agire dell’Io Persona è una cosa fantastica. Ma vi rendete conto di quanto siamo liberi?! Io mi sento impazzire solo all’idea di poter essere così libera, di non essere più vincolata. Questo mi dà ancora più energia per fare tante cose. Mi entusiasma il fatto che siamo causa di noi stessi e che i genitori sono causa soltanto dell’Io biologico e dell’Io psichico ma non dell’Io spirituale. Sono libera! E poi c’è un’altra cosa che volevo dire: quando hai parlato del passaggio ad una nuova vita, mi sono chiesta: ma allora morire è un passaggio, è un orgasmo. Questo l’avevo percepito da me, ora so che è vero”.

Grazie Donatella, spero che molti altri come te possano sentire la ventata di libertà che porta con sé questa nuova visione del mondo. Conquistare la libertà è un nostro dovere. Ma la libertà non può essere fine a se stessa. Essa deve incarnarsi in un progetto per mettersi a servizio della vita. Oggi, di progetti io ne ho indicati due: il primo, unificare l’uomo e l’universo; il secondo, trasformare artisticamente la vita dell’uomo e la vita dell’universo, per creare da una forma di vita mortale una forma di vita immortale.